In una calda notte di luglio di tanto tempo fa
un lupo, seduto sulla cima di un monte,
ululava a più non posso.
In cielo splendeva una sottile falce di luna
che ogni tanto giocava a nascondersi
dietro soffici trine di nuvole,
o danzava tra esse, armoniosa e lieve.
Gli ululati del lupo erano lunghi,
ripetuti, disperati.
In breve arrivarono all'argentea regina della notte che,
alquanto infastidita da tutto quel baccano,
gli chiese:
" Cos'hai da urlare tanto?
Perché non la smetti almeno per un po'? "
" Ho perso uno dei miei figli,
il lupacchiotto più piccolo della mia cucciolata.
Sono disperato . . . aiutami! "
rispose il lupo.
La luna, allora, cominciò lentamente a gonfiarsi.
E si gonfiò, si gonfiò, si gonfiò,
fino a diventare una grossa, luminosissima palla.
" Guarda se riesci ora a ritrovare il tuo lupacchiotto "
disse, dolcemente, al lupo in pena.
Il piccolo fu trovato, tremante di freddo e di paura,
sull'orlo di un precipizio.
Con un gran balzo il padre afferrò il figlio,
lo strinse forte forte a sé e, felice ed emozionato,
ma non senza aver mille e mille volte ringraziato la luna.
Poi sparì tra il folto della vegetazione.
Per premiare la bontà della luna,
le fate dei boschi le fecero un bellissimo regalo:
ogni trenta giorni può ridiventare tonda,
grossa, luminosa, e i cuccioli del mondo intero,
alzando nella notte gli occhi al cielo,
possono ammirarla in tutto il suo splendore.
I lupi lo sanno . . .
E ululano festosi alla luna piena.
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